Bordone e pellegrina la divisa dei romei
di Franco Cardini
Per secoli il bastone, il largo cappello, il mantello
e la bisaccia contrassegnarono
lo "status" di pellegrino e di
viandante, nobilitato dai "signa super vestem"
Antico e diffuso l'uso di distintivi, coccarde o
medagliette venduti nei luoghi di pellegrinaggio, acquistati e indossati
ben in vista dai devoti. Un tempo, questa consuetudine traduceva un
valore da ricondursi alla testimonianza del Santo viaggio compiuto, alla
dichiarazione di fede, al segno di riconoscimento; al giorno d'oggi
sembra invece prevalere la semplice voglia di souvenir.
Almeno fino alla
Riforma protestante il distintivo, indicante che chi lo recava aveva
fatto un voto o lo aveva sciolto, comportava un significato sociale e
anche pratico più profondo. Tecnicamente, l'insegna avrebbe dovuto
esser portata (e si dovrebbe ancora portare) solo a pellegrinaggio
concluso, una volta raggiunta la meta: quindi solo nel viaggio di
ritorno. In realtà però, a parte i molti casi di finti pellegrini, si diffuse ben presto l'uso d'inalberare il distintivo appena si
partiva, come garanzia dell'impegno assunto.
La celebre crocetta rossa
portata dai partecipanti alle imprese militari dette crociate,
inaugurata per volontà di Urbano II a Clermont (ma sviluppatasi in
seguito secondo forme e colori differenti), apparteneva a questo tipo di
"signum super vestem": segno dunque di elezione - e
riconducibile in quanto tale a quello ricevuto dai "signati"
dal sangue dell'agnello sacrificale nell'Esodo e dal sigillo
dell'Agnello di Dio nell'Apocalisse, ma al tempo stesso segno di
penitenza in qualche modo derivato da quello che nella Genesi Dio impone
a Caino per sua vergogna ma anche per impedire che gli sia fatto del
male. La presenza simultanea di questi due tipi di riferimento, in
apparenza contraddittori, sta alla base della polarità e della
complessità dell'immagine del pellegrino nella secolare cultura
cristiana.
Varie erano le insegne di pellegrinaggio. Si andava da quella
più o meno elaborata (di solito una fibbia di metallo, piombo o
stagno), allo "scapolare" di stoffa o di carta appuntato agli
indumenti, o ancora al ricamo che fra XV e XVI secolo richiamava le
numerose decorazioni di tipo ludico o cavalleresco inalberate
soprattutto dai giovani facenti parte di compagnie che organizzavano
tornei e mascherate. Altri attributi del pellegrino tradizionale erano
il grande cappello rotondo da viaggio, detto "pètaso" (la cui
forma rimasta intatta nell'abbigliamento dei prelati, a indicare la
vocazione pellegrinante della Chiesa); il mantello impermeabilizzato (la
pellegrina); il bastone (bordone); la "pera" in latino, o
scarsella in italiano, o "escrepe" in francese, una piccola
bisaccia che al bordone si appendeva oppure si portava a tracolla.
L'abito del pellegrino doveva essere pesante e resistente: quando nella
"Vita Nova" (IX, 9,1) Dante Alighieri parla di "abito
leggier di peregrino" allude non tanto alla leggerezza delle stoffe
quanto piuttosto alla povertà e all'apparenza dimessa delle vesti di
chi compie i lunghi viaggi, penitenziali e no. Bisogna, infatti,
ricordare che in epoca dantesca il termine "pellegrino"
(originariamente indicante chiunque fosse straniero o lontano dalla sua
patria d'origine, ma che nel linguaggio comune aveva anche il valore di
"strano", "inconsueto", da cui l'aggettivo italiano
"peregrino") aveva ancora significato generico.
|